L’interazione tra discipline diverse (la storia della medicina, l’antropologia, la storia delle religioni, la storia della letteratura greca e latina, la paleopatologia, l’archeologia) aiuta a chiarire aspetti sui quali le fonti possono essere reticenti. Dalla nostra parte abbiamo materiali biologici e archeologici di grandissima qualità e di grande rilevanza numerica, soprattutto per Roma imperiale e per alcuni contesti medievali. Conosciamo il quadro della patocenosi infantile tra Grecia e Roma (problemi dentari, malattie infettive, traumi, anomalie congenite e problemi metabolici rappresentano realtà patologiche su cui fonti scritte e fonti biologiche concordano); le anomalie ossee rivelano carenze nutrizionali importanti, legate alla presumibile indisponibilità stagionale di alimenti freschi, alle cattive condizioni di conservazione dei cibi e, soprattutto per i bambini di condizione sociale umile, a una dieta a base di cereali carenti di vitamina C. Alcuni contesti archeologici hanno aiutato a comprendere la prevalenza reale di alcune patologie (per esempio, il sito di Poggio Gramignano a Lugnano in Teverina in cui la malaria sembra essere il giustificativo di tante sepolture infantili precoci e coeve) e, attraverso lo studio delle tipologie e dei corredi funerari, e/o degli amuleti di protezione, a illuminare il sentito sociale sulla morte infantile, lo strutturarsi del concetto di lutto e di perdita, il livello di cure parentali, le modificazioni di questi fattori in relazione alle condizioni socio-culturali, di provenienza geografica e, ovviamente, di cronologia.
Altri contesti, anche medievali, in cui è possibile ricostruire con esattezza le attività di lavoro, consentono di avere dati anche sul modo in cui i bambini venivano utilizzati in impieghi non salubri (per esempio, a Roma, nelle fullonicae (tintorie) e nelle attività edilizie) o fisicamente gravosi (nella città medievale di Leopoli-Cencelle, in contesti agricoli). Il quadro che emerge è quello di un’infanzia difficile ma non impossibile da indagare: certamente fragile, esposta ai rischi di una mortalità devastante da patologie infettive, colpita da traumi legati all’impiego in contesti di lavoro spesso duro, con segni evidenti di stress fisico e spesso di carenze nutrizionali. Un quadro coerente con quanto la storiografia del passato ci suggeriva; eppure, più ricco, perché oggi siamo in grado di conoscere anche i più invisibili tra gli invisibili, cioè i bambini impiegati in contesti di lavoro e quelli segnati da difetti e imperfezioni fisiche.
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